domenica 20 aprile 2014

Volti - Francesco Caloiero

Aprile 2014.

Il blog si riempie con una rubrica in più: "Volti". Da tempo meditavo di realizzare questo progetto e ora sono contenta di aver abbastanza materiale per avviarlo.
"Volti" si apre con una breve e simpatica intervista a un mio compaesano, artigiano e artista; che con grande disponibilità e pazienza mi ha accolta nel suo "mondo", la sua piccola bottega situata nel centro storico di San Giovanni in Fiore.


"Fa freddo oggi...!" così commentiamo questa strana giornata di aprile io e mio fratello mentre stiamo recandoci presso il centro storico del nostro paese. "...mina gacciulle!" direbbe mia nonna. La luce è così avara che come un saluto, la gente incontrandosi riutilizza la solita "Eh! Si sono invertite le stagioni...!". Ricordo una simpatica storiella, in dialetto, raccontatami qualche giorno fa da mia madre:

Socra e Nora

-Bona venuta, norama, 'mpalazzu,
te via durare quantu a nive e marzu!
-Bona venuta, socrama jentiele,
te via durare quantu a nive a apriele!

[-Benvenuta, nuora mia, nel palazzo (in casa),
dovresti durare quanto la neve di marzo!
- Benvenuta, suocera mia, gentile,
dovresti durare quanto la neve ad aprile!]

La suocera dando il benvenuto alla nuora le augura di campare/di durare quanto la neve di marzo- che si scioglie velocemente. La nuora risponde, augurando alla suocera di durare quanto la neve di aprile che si scioglie prima di giungere a terra.

Insiste il vento e allunghiamo il passo lungo il lastronato in granito, e finalmente giungiamo di fronte alla bottega di Francesco Caloiero. 





Incorniciato da attrezzi e minuterie di ogni genere, disturbiamo Francesco, che intento ad incollare una guarnizione su quello che a prima vista sembra un carretto, ci incita ad indovinare: 
-"Secondo te cos'è questo?
-"Un carretto...?"
-"Sì, e magari c'è anche quell'uomo che vendeva gelati...!"




-"Chissa è 'na biga romana!". Me ne spiega la realizzazione, il suo è un lavoro di riciclaggio: il collare di una mucca, vecchie spille, pomelli, cordicelle, guarnizioni varie e "liste e ligna" da lui lavorate. 
Accetta di esser intervistato e inizia col dire: "La mia è un'arte povera"- come da insegna- sottolinea più volte che tutto quello realizza "...nasce dal nulla! Assemblo i pezzi e nasce qualcosa di nuovo...". Gentilmente mi invita a fare tutte le foto e le domande che voglio. 
Giocando con un vecchio stereo inserisce una nuova cassetta: "I Nomadi su finiti, jimu a Renato Zero..." - è sempre accompagnato dalla musica anni '60-'70 mentre lavora.


Mentre è intento a scegliere il pezzo 'giusto', con i miei occhi abbraccio la piccola bottega e nella mia mente improvviso nuove domande. Antico e moderno, locale e no, condividono lo stesso e stretto spazio...


Tra le diverse opere esposte non posso non notare la simpatica pacchiana-gioconda.




Il pigmenti li prepara da sé, di base utilizza lo smalto ad acqua lucido e con grande maestria riesce in poco tempo ad ottenere i colori che desidera. 
-"Come stavo dicendo la mia è un'arte povera, io utilizzo di tutto e di più... delle vecchie tegole..."- mi fa notare le tegole di cui va più orgoglioso.


Continua mostrandomi altri esempi del suo lavoro: "U viri chissu...? Era nu schienale e na secia..."


-"Lì invece ho utilizzato uno sportello da cucina..."- sul quale ha rappresento l'Abbazia florense, soggetto ripreso in altri lavori...



-“Chissa invece è na fetta di pietra e sona puru!"- mi racconta che una volta, per caso, urtandoci ha emesso un suono simile a quello delle campane, me ne dà una prova...





Tra gli oggetti strani appesi alle pareti vengo attirata da "Wanted dead or alive", domando a Francesco chi sia l'uomo vestito da capo indiano, ironizzando ma con un tono abbastanza serio, quasi da attore teatrale, impettito afferma: "Si chiamava 'mo vengo anch'io' ma in realtà non venne mai, anzi non si fece mai vedere perché era timido".


Divertito mi racconta di quando scattò questa fotografia e di come il fotografo, privo di talento, fece un fotomontaggio "arrangiato": "M'ha conciato da capo indiano... non era nemmeno un fotografo professionista perché non m'ha detto 'si tolga gli occhiali da sole' e meno male che il braccio era abbassato sennò si vedeva anche l'orologio..."

 Lo stereo suona suona Mi vendo di Renato Zero. Mi mostra delle conchiglie dipinte...


Proseguendo nell'intervista, domando chi da sempre è stato il suo pittore preferito e se abbia avuto un maestro, una guida che ha influenzato i suoi lavori, risponde dichiarando di essere autodidatta e  di  essere un grande amante della pittura di MattiaPreti, che definisce "volpone!": 
-"Un maestro ma nello stesso tempo era un volpone. Era bravissimo, nessuno lo mette in dubbio, ma era un furbacchione perché quando realizzava le sue opere lavorava con il fratello che era più bravo di lui. Quannu faciamu i quadri, un'opera, l'opera veniva realizza dal fratello, lui metteva l'ultimo tocco e se la firmava... come mai non viene mai citato il fratello?".

In un angolino nascosto, irrigidito, sta questo fantoccio mummificato, Francesco ironizza dicendomi: "Questo sarò io 20 anni dopo la mia morte..."



Tante sono anche le foto appese alle pareti e sugli scaffali...


Mostrandomi la differenza tra una foto e l'altra, tra famiglie e volti diversi mi racconta com'erano difficili quei tempi lì, come tra familiari si ci voleva bene e come la generosità e la creatività abitassero presso le famiglie più povere.

In una di queste foto c'è anche lui da piccolo che insieme ai suoi fratelli giocava vicino "allu manganu" (l'antenato del moderno girello per bambini). 
-"Secondo te 'u più biellu chi è?! Secondo te 'u più biellu chi è?! La pacchiana in fondo è zia Maria, zia Maria a santara... io sono chillu più pieno"

Francesco è il primo partendo da destra


-"Questo maiale sembra un bue!" afferma descrivendo la foto appesa alla parete sopra lo stereo e continua raccontando che il padrone dell'animale, non uccidendolo, ha voluto preservarne la razza:  "...è morto di vecchiaia, e solo dopo se lo sono mangiato!"


Altra bizzarria è la testa di cavallo, grazie alla quale vinse una scommessa: doveva realizzare la testa in terracotta in 4 minuti; ora è in bella mostra nella sua bottega, e non solo testimonia la sua bravura ma anche la rapidità e la vivacità nell'eseguire anche le più piccole opere. 




L'era del cinghiale bianco di Franco Battiato e dei minuti miagolii: entra Jessy, un nome troppo dolce per un gattone della sua stazza, Francesco lo accarezza un po' assecondandone la voglia di coccole e ritorna a lavorare. Jessy, e non vuol andar via e sdraiato continua a rotolarsi per terra.


"Mezzogiorno, è ora di andare a mangiare...", mio fratello ha fame, insiste... mi vedo costretta a terminare l'intervista. Francesco vorrebbe farmi vedere qualche sua altra opera e qualche suo altro "reperto" ma il tempo stringe come lo stomaco all'ora di pranzo. Ci congediamo con la promessa di andare a trovarlo altre volte, magari "con più calma", si dice sempre così... ringrazio Francesco e ritornando a casa ripenso alla sua genuina schiettezza, e a come la positività e l'umiltà siano i "colori" migliori per affrontare il  rapporto che si ha con l'arte e la vita in generale. 




                                                     
   Maria Claudia Leone

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